A Roma dal' 11 al 13 Settembre si è tenuto lo Steampunk fest che è il nuovo festival interamente dedicato alla corrente Steampunk tenutosi presso la Città dell'Altra Economia zona Testaccio, durante il festival c'è stato il contest chiamato  “Racconti a Vapore”   ed è il primo contest di scrittura Steampunk . E siamo lieti di ospitare nel nostro spazio il vincitore del contest  Alessio Cecchin (nonchè nostro cliente) con il suo racconto intitolato "Supremazia"  buona lettura.   Yorkshire, 1886
  • Miss Lovelace
  • Miss Lovelace, mi scusi…
  • Ada, siamo arrivati!
Ada Lovelace si sveglia, i preziosi appunti di sua nonna, di cui porta orgogliosamente il nome, scivolano a terra. Il cervello di Ada registra una contraddizione. L’uomo in divisa le ha detto che erano arrivati, ma lei sente ancora una vibrazione sotto i piedi. Il panorama rurale, tuttavia, è immobile. Sì, sono arrivati ma dove? Ada esce dal vagone privato e resta abbagliata dal sole estivo. Poi lo vede. Un capannone che sembra infinito, probabilmente inizialmente destinato ad alloggiare dirigibili. Oltre alla vibrazione ora registra anche un rumore soffuso, secco. Molto diverso dalla caldaia a vapore di una locomotiva. Come se all’interno del capannone migliaia di martelletti battessero in concerto.
  • Quella che vede è la macchina di cui le abbiamo parlato. E’ un’evoluzione militare della macchina di Babbage, sulla quale aveva lavorato sua nonna. Solo… migliaia di volte più complessa.
Mezz’ora dopo, a bocca aperta, Ada è all’interno del capannone, affacciata alla balconata che dà sull’abisso del pozzo centrale. Il rumore è insopportabile, così come il calore. Sotto di lei ci sono davvero migliaia di martelletti, seminascosti da nuvole di vapore, che ciclicamente scattano secondo schemi solo apparentemente caotici. Il suo computatore è realtà!   Londra, 1906   Il giovane Alberto Santos Dumont è un fascio di nervi. Sente scorrere l’adrenalina, il battito del cuore accelerato. Dopo la realizzazione dei primi prototipi, il War Office ha manifestato un acceso interesse ed ora realizzeranno davvero un campo di volo per i suoi velivoli più pesanti dell’aria!
  • Devo ammettere: è andata meglio di quanto sperassi. L’uso militare ancora mi disturba ma temo sia fisiologico che le prime applicazioni riguardino il servizio postale da e per le zone di Guerra. Eppure non capisco: perché è coinvolta la Royal Navy?
  • Mr. Dumont. Lei si rende conto che, in quanto cittadino non britannico, non possiamo svelarle nei dettagli i progetti del War Office.
Dumont abbassa lo sguardo, l’Ammiraglio Fisher lo mette a disagio. Quell’uomo pare ostentare il gran numero di onorificienze che occupano il suo petto. Forse avrebbe dovuto evitare quel commento eppure non può fare a meno di chiedersi perchè la Royal Navy? Grazie al computatore di Ada Lovelace il Regno Unito non è mai stato così stabile e potente. Sotto la sua guida anche le ex-colonie d’oltreoceano lasciano che a Londra si decidano le politiche commerciali ed economiche mondiali. A tutti conviene entrare nella Società Transatlantica e fare affari con Sua Maestà. Anche se alcuni lo fanno di malavoglia. Molto di malavoglia. Mare del Nord, nove mesi dopo Alberto Santos Dumont è nervoso. Avrebbe voluto pilotare in prima persona, invece è stato imbarcato come passeggero sul velivolo biposto. Alcune innovazioni sviluppate dalla neonata Royal Flying Corps, deve ammettere, sono geniali. La maneggevolezza e la stabilità di quel biplano sono incredibili ed il pilota, questo Mick Mannock, se la cava più che bene. Ma stanno volando da decine di chilometri. Forse centinaia. Sul mare. Dove sono diretti? Danimarca? Norvegia? Poi all’improvviso la vede. Una nave. Dalla forma insolita. Piatta. Si avvicinano e Dumont si rende conto delle reali dimensioni di quell’oggetto. Si accorge - ma non riesce a crederci - che il ponte è una pista di atterraggio! All’improvviso freme di eccitazione. Ma l’eccitazione diventa presto sgomento. Un lampo, un boato e un sobbalzo. Mick impreca e cabra. La fusoliera cigola, il motore va su di giri. Quella pista d’atterraggio galleggiante è diventata una palla di fuoco.   Londra, sei ore dopo Il War Office è nato per la gestione di quel tipo di emergenze, ma in pochi ricordano un clima più teso. L’Ammiraglio Fisher stringe tra i denti un sigaro mezzo spento. Praticamente lo mastica, gli occhi arrossati da un’ira repressa.
  • Chi ha violato i protocolli di comunicazione?
L’attacco è stato un vero e proprio pugno in faccia per la Royal Navy e per la RFC. Una batosta senza precedenti. La Queen Mary, prima pista di volo galleggiante, era costata quasi un quarto dell’intero budget bellico del Regno Unito. Affondata il giorno dell’entrata in servizio. Eppure quelli che davvero se la stanno vendendo brutta sono quelli dei Servizi. Quelli che avevano un sistema di comunicazioni inattaccabile. Chi era a conoscenza della rotta della Queen Mary? Gli ordini erano stati codificati attraverso il computatore, trasmessi telefonicamente presso i cantieri navali militari e decodificati dal Comandante, persona di fiducia assoluta, che peraltro era morto durante l’attacco. Insieme ad un centinaio di validi e valorosi marinai. E piloti. A proposito: Mannock stesso aveva ricevuto il piano di volo pochi minuti prima della partenza. Decodificato dagli uffici strategici del campo da cui erano partiti. Fisher si sforza di distendersi. I pugni serrati iniziano a far male. La sua domanda rimane senza risposta. Una risposta che avrebbe probabilmente anche dato un volto al loro nemico. Forzare il codice elaborato dal computatore. Impossibile. Impossibile, a meno di avere un altro computatore? La squadra di programmatori aveva assicurato che anche in quel modo era impossibile. Iniziava ad odiare quella parola.   San Pietroburgo, venti ore prima L’uomo sul lungo mare osserva il dirigibile che si allontana verso l’orizzonte. Ora rimane solo da augurarsi che l’ordigno funzioni a dovere. Tenere nascosta un’aereonave di quelle dimensioni non è semplice, ma grazie alle giuste condizioni atmosferiche... nuvole, nebbia o entrambe le cose. Sopra al Mare del Nord erano la norma, sì: avrebbero avuto dalla natura l’aiuto necessario. Un sogghigno increspa il volto dietro la sciarpa.   Londra Nella sala d’attesa del War Office Dumont si sentiva soffocare. Era ancora sotto shock, appena rientrati alla base avevano riferito dell’incidente. Mannock, che aveva una visuale migliore della sua, aveva parlato di un oggetto che aveva colpito la Queen Mary. Allora è stata un’azione di guerra! E subito sono stati spediti al War Office. Il pilota è stato ricevuto mente lui è rimasto in sala d’attesa. A ripercorrere mentalmente quell’incubo di fuoco. Quante persone saranno morte? Nel frattempo un uomo elegante si siede al suo fianco. Attende. Dumont si tortura le mani. L’altro fa finta di non curarsi della sua tensione. Meglio così. Passa il tempo. Il secondo uomo tira fuori un orologio da taschino. Dumont odia gli orologi a cipolla ma non può non notare che si tratta di uno strumento raffinato e prezioso.
  • Quasi un’ora di ritardo. Mi avevano assicurato che gli inglesi erano un popolo puntuale.
L’accento latino dell’uomo distrae Dumont dai suoi pensieri. Lo osserva con maggiore attenzione. Potrebbe essere italiano.
  • Oh, mi perdoni. Non mi sono presentato. Mi chiamo Guglielmo Marconi.
  San Pietroburgo, sei ore prima   Non impazziva per quella città ma amava il freddo, in questo momento, tuttavia il sentimento preponderante era l’odio. Per quell’italiano. L’apice di cinque anni di lavoro. Stava andando tutto bene. Avrebbe dovuto essere di splendido umore ma così non era affatto. L’italiano si era trovato nel posto giusto al momento giusto. E senza il minimo scrupolo aveva tradito. Aveva tradito il proprio datore di lavoro, il proprio Paese e l’intera Società Transatlantiica. Ed ora gli stava davanti. Sorridente. Oh, lui avrebbe fatto esattamente la stessa cosa! Ma in casi come questo poli uguali non possono che respingersi. Ecco perché aveva sviluppato questa profonda antipatia. Avrebbe tradito anche lui? Forse era meglio eliminarlo subito? Come d’abitudine lasciò fluire le emozioni violente. Dissimulandole con un sorriso inquietante.   Parigi, 1889   L’Esposizione Universale era entrata nella Leggenda ancor prima di iniziare. La Torre dell’Ingegner Eiffel, destinata ad essere smontata alla fine dell’evento, rappresentava l’inizio di una nuova Era. In tutta Parigi si poteva assistere a dimostrazioni scientifiche e tecnologiche che pochi anni prima sarebbero state considerate miracolose. Ma le macchine di computazione realizzate dal Regno Unito accentrarono rapidamente su di esse tutte le attenzioni. Si trattava di un brevetto militare sul quale si osservava un totale riserbo. Eppure quegli armadi rumorosi sembravano magici. La stessa macchina poteva essere collegata ad una locomotiva per controllarne accuratamente la corsa, le fermate e l’apertura automatica delle porte. Poi si poteva smontare ‘il cervello’ dal treno e collegarlo ad uno speciale organo per farlo suonare. Bastava tirare una leva e la macchina cambiava musica. Nessun cilindro da sostituire, nessun plico di carta perforato. Era la stessa macchina che aveva guidato la locomotiva. Ovviamente molti gridavano ad un trucco. Gli osservatori delle maggiori potenze mondiali invece, colto il potenziale di quell’invenzione fantastica, avevano iniziato a vedere rosso. Tutti ne volevano una. Ma il Regno Unito non ne voleva sapere e per ogni macchina impiegava cinque uomini armati come scorta. ventiquattr’ore su ventiquattro. Per Ada Lovelace era l’apoteosi della sua carriera. Ora era seduta nello studio dell’ingegner Eiffel. In cima alla torre omonima. Eseguiva gli ultimi controlli sul sistema di ugelli che tra poco avrebbero montato in cima al monumento. L’ultimo atto doveva essere il più spettacolare. Ma avrebbe comportato anche un piccolo rischio. La torre era stata chiusa al pubblico per un’intera giornata. Gli operai salivano e scendevano, trascinavano sottili tubi di gomma e li collegavano ad apparecchi simili a quello nelle mani di Ada. Davanti a lei l’ingegnere capo controllava meticolosamente, riga per riga, il listato che avrebbe poi caricato nel computatore. Quello strano slavo ormai lavorava nella sua squadra da anni. Strano e geniale! Nikola Tesla! Grazie a lui, ne era certa, non solo sarebbe proseguita la miniaturizzazione dei computatori ma li si sarebbe resi molto più veloci. Quell’idea dell’elettricità poteva essere rivoluzionaria!   Quella notte quattro computatori suonarono la Cavalcata delle Valchirie in punti ben distanziati tra loro, accompagnavano l’incredibile coreografia di fiamme luminose che si innalzavano da decine di punti diversi della Torre Eiffel. Qui un quinto computatore eseguiva il listato di Tesla, ossia controllava l’apertura e la chiusura delle centinaia di valvole che regolavano il flusso di diversi gas che bruciando creavano fiamme di colori diversi. Il blu del metano, il verde del butano, il rosso ed il giallo dell’acetilene… Lo spettacolo durò quasi un’ora. Al termine ci furono alcuni secondi di silenzio assoluto prima che un fragoroso applauso si innalzasse dalla Senna e dagli Champs de Mars. Il giorno dopo il Regno Unito avrebbe proposto, durante la prevista Conferenza Internazionale, la costituzione della Società Transatlantica. Una nuova Era stava davvero iniziando con l’Esposizione Universale. L’Era della Supremazia del Regno Unito.   Sasso, 1895   Davanti alle rovine fumanti della villa un giovane di bell’aspetto, spettinato e coperto di fuliggine, osserva quel che resta di casa sua e - soprattutto - del suo laboratorio. Anni di ricerche perduti. Tutto da rifare. Serra i pugni e sente una fitta di dolore. Una scheggia di legno si è infilata sotto un’unghia. Il dolore investe il cervello, prevale sull’adrenalina e causa il crollo. Il giovane piange, mentre cade in ginocchio e sprofonda in un abisso oscuro.   San Pietroburgo, 1901   Aveva davvero sbagliato tutto? Considerato morto ormai da sei anni aveva invece girato buona parte dell’Europa. Sondando cautamente il terreno tra scienziati ambiziosi e politici senza scrupoli. Ogni giorno leggeva i giornali italiani dalla prima all’ultima pagina. Sapeva che il suo principale   che aveva fregato  non sarebbe rimasto per sempre con le mani in mano. Si sarebbe ben presto ripreso (invece erano passati quasi sei anni! Una fortuna davvero insperata e vitale). Ed allora i progetti nelle sue mani sarebbero diventati carta straccia. Fine del sogno. E fine dei soldi. Aveva rubato anche quelli. E stavano finendo. In realtà gli ultimi sei anni erano soltanto una fuga continua. Ed ora eccolo qui. Il punto più basso della parabola. O il più alto, il traguardo? Era stato contattato da un emissario di questo… santone? Dio che occhi! E quando sorride? Un invasato! Ma finalmente uno che non ha in testa soltanto quei maledetti computatori! Non si rendono conto che ci sono altre invenzioni che possono sconvolgere gli equilibri internazionali? Costui lo sa. E fa quasi paura. Quasi?   Rasputin cerca da tempo un contatto con lo Zar. E’ ambizioso. Ma è povero. Ora però è anche famoso. Un mistico, in grado di fare miracoli. Ma finora questa fama non solo non era servita ma probabilmente ha addirittura spaventato la famiglia dello Zar. E ha terrorizzato i suoi consiglieri. Ma ora quest’uomo che dice di avere i progetti di un’invenzione in grado di modificare gli equilibri mondiali. Un computatore? No, questo è certo. E allora?   Londra  
  • Mi perdoni, ma sembra che non beva da parecchio
Guglielmo Marconi porta una mano alla tasca interna della giacca, estrae una fiaschetta metallica. Dumont si rende conto che non beve un sorso d’acqua da prima che il biplano decollasse. Molto prima dell’incidente. Attentato! Si è trattato di un attentato! Bere alcolici nella sala d’attesa del War Office, tuttavia, gli sembra davvero una pessima idea.
  • Oh, non si preoccupi! L’ho riempita con semplice acqua corrente.
Empatia, l’italiano ha indovinato i suoi pensieri. Dumont lo trova simpatico. Di più: lo considera simile a se. Accetta la fiaschetta. Molto meglio, ci voleva. Poi la sua mente vaga, si allontana dai fatti del giorno, riprende il controllo e… ah! Forse può sdebitarsi per quel piccolo gesto così semplice eppure così prezioso. Come fare ad informarlo senza rivelare informazioni riservate?
  • Mi dispiace ma credo che la sua attesa sia destinata a durare ancora a lungo.
Marconi aggrotta la fronte e si gira a guardare il nuovo amico.
  • Sì, credo che sia in corso una riunione straordinaria. C’è stato un… incidente.
Attento! Basta così. Invece prosegue.
  • Ero presente ma… è successo che qualcuno sapesse cose che non poteva sapere.
Parlare serve ad ordinare le idee ma hai esagerato, stupido! Marconi sbianca. Ecco, invece di fare il gentile dovevo starmene zitto.
  • Intende un problema di spionaggio?
Dumont deglutisce a vuoto. La gola di nuovo arida. Marconi lo incalza.
  • Come se qualcuno fosse stato informato in anticipo?
Dumont si chiude nel silenzio. Ora anche Marconi è a disagio. Ondeggia sulla sedia.
  • Capisco. Ma temo sia diventato mio dovere porle un’ultima domanda: intende dire che degli ordini segreti sono stati probabilmente carpiti prima che ci fosse il tempo fisico di una qualunque fuga di notizie?
Dumont si sente mancare la terra sotto i piedi. Annuisce, come se il gesto, e non la parola, rendesse meno grave quella violazione della sicurezza. Marconi balza in piedi.
  • Oddio! Temo di sapere cosa sia successo!
Solleva una grossa valigia da terra e si dirige verso la segreteria. Dumont atterrito non può fare a meno di seguirlo.
  • Mi chiamo Guglielmo Marconi. Ho appuntamento per…
  • E’ in corso una riunione, non può…
  • Lo so! E so… credo di sapere che cosa stanno cercando!
Dietro al bancone il giovane cadetto appare incerto. Dumont si chiede in quale pasticcio si sia infilato.
  • Dovrà aspettare che finisca la riunione.
In quel momento la massiccia porta di legno si apre. Un ufficiale scuro in volto osserva il gruppo perplesso. Di solito gli ospiti attendono in anticamera, dove è impossibile cogliere frammenti di conversazioni. Guglielmo Marconi si fa avanti. Ecco, ora sono davvero nei guai. Dumont vorrebbe diventare invisibile.
  • So che cosa hanno usato per trasmettere le informazioni.
Fa scattare le serrature della valigia e scopre una macchina che ricorda vagamente un telefono ma con tutta una serie di interruttori e manopole che lo fanno sembrare incredibilmente complicato. L’ufficiale squadra il cadetto, impassibile.
  • Lei come conosce...
Con un clac secco Marconi accende l’apparecchio, un fruscio riempie la stanza. Avvicina la bocca al ricevitore.
  • Luigi, mi senti?
Fruscio, gli altri si guardano tra loro come se avessero a che fare con un pazzo. Forse lo è sul serio. Anche in Dumont ora prevale la curiosità. Alcuni scatti.
  • Guglielmo, finalmente! Stavo per addormentarmi.
  Un’ora dopo Marconi è seduto nella penombra della War Room. La sala tattica del War Office è satura del fumo dei sigari. Marconi ha illustrato il funzionamento dell’apparecchio in grado di trasmettere la voce a distanza e senza fili. Per Fisher è il momento di tirare le fila. Scoperta la dinamica dovranno ancora trovare i responsabili, ma almeno ora hanno fatto un passo avanti.
  • Spiegatemi ancora. Perchè sarebbe possibile usare questa Radio e non basta un semplice telefono?
  • Le chiamate telefoniche passano da un centralino. Ogni ufficio militare ne ha uno. Ogni centralino militare comunica solo con altri centralini militari finchè non si avvicina al destinatario civile. I centralini registrano tutte le chiamate. Si possono chiamare numeri oltremanica ma ogni destinatario è registrato. Costruire una rete telefonica parallela ed abusiva che sfugga i controlli è ovviamente impossibile. Era un buon protocollo di intelligence, ma con questo apparecchio cambia tutto!
Il capo del controspionaggio è sulle difensive ma ha ragione. Questa è la chiave.
  • Quando gli ordini devono essere decodificati vengono inseriti in un computatore da un tecnico specializzato che, alla fine, trascrive il risultato e lo consegna fisicamente al destinatario, ad esempio: il Capitano della Queen Mary. Non potendo usare il telefono le informazioni di cui il tecnico è venuto a conoscenza non sono… non erano in pericolo. Non ne avrebbe comunque potuta trasmettere una copia a nessuno, prima che perdesse di attualità. Con questa macchina invece diventa possibile! Un tecnico deve aver tradito. A chi ha inviato le coordinate di destinazione della Queen Mary? A qualcuno in grado di far muovere una nave da guerra. O un dirigibile? Entrambi si muovono lentamente ed il peso dell’esplosivo impiegato era eccessivo per qualsiasi biplano: devono essere stati informati tempestivamente. Signor Marconi: Luigi, quel suo collaboratore…
  • Oh, no. Lui è sempre rimasto con me da quando siamo arrivati in Inghilterra. Condividiamo anche la stanza di albergo: avevamo bisogno di spazio sufficiente per condurre un test prima del mio appuntamento di oggi.
  • Allora chi altri?
Fischer sente in bocca il gusto del tabacco, ormai ha lacerato con i denti la foglia accuratamente arrotolata che lo conteneva.
  • Il signor Tesla mi ha suggerito di rivolgermi al War Office. Ma lui mi ha aiutato solo con la parte elettrica della mia Radio. So che è interessato all’elettromagnetismo ma i computatori lo assorbono totalmente.
  • Nikola Tesla è nello Yorkshire. E’ fuori discussione.
Per alcuni secondi cala un silenzio teso. Poi Marconi deglutisce.
  • Possibile che… Le prime ricerche di elettromagnetismo risalgono a più di dieci anni fa. Avevo realizzato un prototipo ma andò distrutto nell’incendio della villa di famiglia. Il mio collaboratore dell’epoca, scoprimmo il giorno seguente, morì nell’incendio. Scomparve, in realtà, non venne trovato alcun corpo. Ma sono passati due lustri!
  • E’ una pista ma non sembra promettente. Eppure è la sola che abbiamo. Ha un suo ritratto?
  • Non con me. Non a Londra.
Ancora l’amaro sapore del tabacco.
  • Dove potrebbe essere finito? Se ha venduto segretamente questa macchina ha scelto qualcuno che odia il Regno Unito. Sufficientemente ricco e vicino per poter organizzare un’azione di guerra. La Francia? L’Impero Austro-Ungarico? E la Russia? Tutti hanno accesso al Mare del Nord.
  • Francia! Una misteriosa invenzione ed un misterioso italiano! Una nota dei servizi vecchia di… nove anni? Stiamo tenendo d’occhio un tizio così.
All’improvviso Fisher ricorda che il capo dei servizi di segreti arriva dall’Esercito. E pare interessato alla carriera politica. Uno a cui prestare attenzione, questo Churchill!   Un’ora dopo un faldone dei servizi segreti veniva aperto dall’Ammiraglio Fisher. A quanto pare quest’uomo misterioso aveva girato tutti i Paesi europei i cui rapporti con il Regno Unito si definissero quanto meno tesi. Tutti con fiorenti relazioni economiche - sempre vantaggiose - eppure politicamente ciascuno di essi avrebbe preferito di gran lunga vedere se stesso in condizioni di supremazia mondiale al posto del Regno Unito. Dietro di sè, il soggetto, non lasciava nulla. Nemmeno un nome. In Francia il suo accento gli fruttò il soprannome di l’Italien, l‘Italiano. Si guadagnò l’attenzione dei servizi segreti britannici per i suoi tentativi di vendere il progetto di un misterioso apparecchio. Ben presto tuttavia fu chiaro che in nessun modo la sua invenzione aveva a che fare con i computatori, e la sorveglianza fu ridotta. Con burocratica precisione venne registrata la sua presenza a Vienna, tre anni dopo. A quanto pare coltivava l’abitudine di frequentare scienziati o politici selezionati tra le personalità più discutibili. In una nota ci si riferiva anche ad un paio di valigie piuttosto pesanti. Come quella di Marconi? Forse siamo davvero sulla buona strada! Infine cinque anni fa era stato visto alla frontiera russa. E da lì l’italiano era sparito! Dannazione.   Il telefono di Fisher squillò. Da due ore era concentrato sulle informazioni riguardanti l’italiano.
  • Ammiraglio Fisher? Sono stato incaricato di interrogare il tecnico della Queen Mary che ha decodificato gli ordini. Aveva ragione lei: era rimasto a terra a causa di un malessere, catturarlo non è stato complicato.
Finalmente una buona notizia.
  • Ha parlato ma a quanto pare non ha idea di chi gli abbia commissionato il lavoro. Dice anzi di essere stato ricattato.
Un classico.
  • Potrebbe trovare utile, tuttavia, sapere che era in contatto con individui dall’accento russo. Ed in un’occasione ha parlato con un italiano. Ovviamente lo interrogheremo ancora…
  • Non serve. La ringrazio infinitamente.
Prese un altro sigaro dal cassetto.   Epilogo - Mosca, 1909   Era andato tutto male. Quel diavolo di Rasputin! Grazie alla Radio lo aveva aiutato ad affondare la Queen Mary. Ma ai Romanov il Regno Unito e la Società Transatlantica non interessavano affatto. E Rasputin lo sapeva bene! Invece aveva venduto l’intera operazione ed era entrato nelle grazie dello Zar. Missione compiuta. Aveva atteso il momento giusto. Nel frattempo Marconi aveva stravinto: la sua radio era un apparato vitale su tutte le imbarcazioni di altomare. Sugli aerei. In dotazione a tutti gli agenti dei Servizi Segreti Inglesi. Aveva atteso il momento giusto. I Servizi Segreti! Dal giorno dopo l’attentato erano già sulle sue tracce. Sapevano che era in Russia, conoscevano la sua identità. Marconi, sicuramente! Gli agenti infiltrati in Russia erano passati nel giro di tre mesi da un centinaio ad un migliaio. Ma l’Impero d’Inverno è immenso. Per fortuna aveva abbandonato San Pietroburgo in tempo e la permanenza a Kiev si era rivelata sufficientemente sicura. Finché Rasputin lo aveva convocato a Mosca. E lui ci era cascato. I britannici avevano capito che nell’attentato era coinvolta soltanto una frangia deviata dell’esercito russo. Ma non avevano capito che dietro c’erano il carisma - ed i ricatti - di Rasputin. I Romanov anzi furono ben felici - crudelmente felici - di decapitare i vertici coinvolti. E Rasputin aveva collaborato a identificare i suoi stessi congiurati! Ora toccava a lui, ma a quel monaco serviva un Coup de theatre degno di lui. Non a Kiev, la periferia dell’Impero! Ma Mosca! Al momento giusto! E lui ci era caduto in pieno. Ma grazie alla Radio, ancora in suo possesso, aveva scoperto che gli agenti stavano venendo a prenderlo. La sua parabola si sarebbe chiusa con uno schianto. Ora sarebbe morto sul serio. Fece scattare l’interruttore dell’apparecchio. Senza fruscii il silenzio sembrava irreale. Salì sulla sedia, infilò la testa nel cappio. Così lontano da casa si chiude la vita di un Magnini, contadino, amico e traditore della famiglia Marconi.   APPENDICE Quasi tutti i personaggi e le organizzazioni presenti nel racconto sono veri. Ho preparato un’appendice ma avrei sforato il numero di cartelle e di battute previste dal concorso. Se interessati potete provare ad inserire i nomi in Google e vedere che cosa esce fuori. Ada Lovelace è entrata nella Storia come la prima programmatrice. Nella prima metà del ‘800 lavorò sulla macchina meccanografica creata da Charles Babbage. Nella finzione scopriamo che sua nipote ha studiato ed approfondito con successo il lavoro della nonna.   Alberto Santos Dumont è stato un pioniere del volo. Franco-brasiliano lavorava a Parigi, e non a Londra. I biplani impiegati nella Prima Guerra Mondiale somigliavano più ai suoi prototipi che a quelli dei fratelli Wrigth, che nella forma fanno invece pensare a degli aquiloni. Era pacifista e per ragioni di praticità inventò anche l’orologio da polso!   John “Jakie” Fisher era davvero un Ammiraglio della Royal Navy.   Edward Corringham "Mick" Mannock Fu un Asso inglese della Prima Guerra Mondiale con 73 vittorie.   Guglielmo Marconi ha davvero inventato la radio. E non ha fatto alcuna fatica a convincere il mondo della sua enorme e rivoluzionaria utilità!   Grigorij Rasputin è una delle personalità più controverse degli ultimi anni dell’Impero Russo sviluppò davvero un forte ascendente tra i Romanov ma… in modo totalmente diverso da come descritto.   Nikola Tesla per lunghi anni dimenticato è stato di recente rivalutato riconoscendone il Genio Visionario. Lavorò a lungo sulla corrente alternata, che arriva nelle nostre case ed alimenta tutti i nostri apparecchi elettrici. Rivaleggiò con Edison negli USA. Nella finzione di questo racconto emigra invece a Londra. E viene arruolato nel team scientifico e tecnologico di Ada Lovelace.   Winston Churcill storicamente ha ricoperto un ruolo politico di primissimo piano, come Primo Ministro, durante la Seconda Guerra Mondiale. Si interessò di politica dopo la carriera nell’esercito ma non ricoprì mai ruoli nell’Intelligence (come invece immaginiamo).   Mignani (e non Magnini) ha davvero collaborato all’invenzione di Marconi. Non ha mai inscenato la sua morte nell’incendio di Villa Griffoni (che anzi esiste ancora!) e fu persona rispettabilissima.   War Office, Royal Navy esistono ed esistevano sul serio. I Servizi Segreti invece vennero fondati qualche anno dopo, nella realtà. Nella finzione immaginiamo che esistano già ma non li chiamiamo mai per nome (ossia il SIS o il famoso MI6).   Royal Flying Corps Era l’aeronautica militare britannica. Poi ribattezzata in Royal Air Force (RAF) nella realtà viene fondata alcuni anni dopo. Ma nella nostra finzione anche l’invenzione dell’aeroplano è stata anticipata.   Società Transatlantica non è mai esistita. Potete immaginarla come una via di mezzo tra la Compagnia delle Indie e la Società delle nazioni. Come la prima è interessata più ad aspetti commerciali che politici. Come la seconda cerca di mediare e coordinare le esigenze delle nazioni membro per mantenere la pace.   HMS Queen Mary è esistito un transatlantico con questo nome varato negli anni ‘30 del XX secolo. Noi invece immaginiamo che alla Regina Mary sia intitolata la prima - sfortunata - portaerei della Storia.